Sono i giovani, che soprattutto grazie alla rivoluzione digitale e all’avvento dei social media, stanno trovando modi per parlare di genitali senza filtri, per costruire una narrativa che sentono appartenergli di piu.
“DALLA VERGOGNA ALLA GIOIA”
La narrativa intorno agli organi genitali sta cambiando.
La nostra storia, in tema di rapporto con i genitali esterni, affonda le sue radici nel concetto di vergogna. il modo in cui questa parte del corpo è stata chiamata, in passato, è “pudenda”, dal latino “ciò di cui ci si deve vergognare”. E questo inevitabilmente condiziona il modo in cui ci rapportiamo alla zona genitale. Nei secoli passati i genitali esterni sono stati “cancellati” dalla narrazione del corpo, sono stati associati a qualcosa di vergognoso.
Per questo non dobbiamo stupirci che ancora oggi i genitali sono strettamente associati alla vergogna.
Dopo anni di lotte e rivendicazioni sulla liberazione dai tabù sessuali, siamo ancora molto lontani dalla “rivoluzione”. Da una parte sembra che chiunque sia pronto a parlare di sesso ovunque sempe senza difficoltà, dall’altro la conoscenza reale dei corpi, e delle dinamiche tra corpi (soprattutto per quel che riguarda i genitali) è molto limitata, al di fuori dell’ambito della vergogna, del ridicolo, dello scabroso, della battuta ammiccante.
Ciò accade perchè la maggior parte delle persone che sono state educate negli ultimi decenni, non ha ricevuto un dei buoni strumenti per approcciarsi al corpo e al sesso in modo sano, rispettoso, competente, con la giusta proprietà di linguaggio.
Il linguaggio è lo strumento su cui è importante soffermarsi, perchè se da un lato è fondamentale, dall’altro è anche molto carente. Da dove nasce questa carenza linguistica?
spesso chi educa omette questi argomenti, la maggior parte dei giovani adulti ha sentito parlare prima della teoria della relatività che del fatto che la vulva si chiama, appunto, vulva.
C’è una sorta di CODICE NON SCRITTO per cui non si parla coi bambini di tutto ciò che riguarda i genitali e il sesso
perché gli adulti, a loro volta sono stati educati secondo il codice non scritto, e non hanno sperimentato la relazione con un adulto che sa gestire questi argomenti in modo emotivamente competente. Di conseguenza ognuno di noi ripropone questa carenza educativa quando diventa educatore, e così questi argomenti rimangono avvolti dal mistero e vergogna (esclusivamente dell’adulto)
C’è la tendenza, in buona fede, a proteggere i bambini da discorsi che anticipano l’ingresso nel mondo della sessualità, come se parlando di genitali si andasse a “sporcare” la loro innocenza.
Però i bambini possiedono degli organi genitali, a prescindere che noi gliene parliamo o meno, e questi destano curiosità, come tutto il resto del loro corpo. Ma mentre sul resto trovano risposte esaustive alle loro domande, sui genitali trovano spesso l’imbarazzo dell’adulto che senza spiegazioni silenzia l’argomento.
Dunque se il bravo adulto non parla di vulve e peni, nè tantomeno di piacere,
le fonti di informazione restano il sentito dire (le battute volgari), e la pornografia, che viene vista dal momento in cui compare un telefono con accesso alla rete dati, e che può essere mediata o non mediata dagli adulti (che non ha come finalità l’educazione, essendo un’industria che vuole vendere un prodotto, e quindi non fa leva sulla consapevolezza, come tutte le realtà commerciali)
e mentre di sessualità si vede e si sente comunque di tutto, questo turbinìo di informazioni e immagini resta non filtrato, non mediato, non interpretato alla presenza di un adulto educatore, privo di linguaggio corretto, senza le parole per dire queste cose.
Pensiamo proprio all’uso delle parole. Molti giovani, per parlare di organi genitali, nel loro percorso di vita, sono passati dai vezzeggiativi come“farfallina” o “patatina” , o “pisellino”
alle parolacce, a termini volgari, che richiamano imbarazzo, talvolta simili al linguaggio della violenza, che rievoca qualcosa da nascondere, di cui avere vergogna. i genitali diventano qualcosa che se visto dagli altri è fonte di derisione.
In mezzo a queste due opzioni, le parole giuste da utilizzare sono uno strumento che pochi fortunati ricevono
Noi i genitali li nascondiamo, e nel motivo di questa maggiore protezione spesso nasce l’equivoco.
Si confonde il messaggio “i genitali stanno nascosti perchè sono una cosa preziosa, importante, di cui ci prendiamo cura e che quindi mostriamo solo alle persone di cui ci fidiamo molto” con “li nascondiamo perchè sono imbarazzanti, qualcosa di sporco, da non nominare, da nascondere, di cui vergognarsi”
(appunto, pudenda)
Penso a tutte le persone che vedo quotidianamente, che non hanno mai detto VULVA ad alta voce, tutte quelle che pensano che vulva e vagina siano sinonimi.
e questo non detto porta a non riuscire a descrivere a volte i sintomi genitali, nell’ascoltare poco le sensazioni (belle o brutte), si associano i genitali al disgusto, all’imbarazzo.
Ci sono tantissime donne adulte che non vanno dal ginecologo, perchè a volte non riuscire a parlare di qualcosa significa non riuscire nemmeno a occuparsene.
Da questi equivoci nascono tutta una serie di disfunzioni sessuali che vediamo quotidianamente
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Quello che sta accadendo tra le giovani generazioni è il desiderio di superare tutto ciò, di dare voce a chi ha una visione nuova, chi porta spunti originali, liberi, per provare a vivere MEGLIO il proprio corpo, il corpo sessuato, di rompere questi tabù ereditati dal passato, desiderio di instaurare un rapporto POSITIVO con i propri genitali
Sui social media c’è pochissima censura, tante voci originali possono esprimersi liberamente, raggiungere milioni di persone, squarciare il velo della dis-educazione sessuale, portare il focus sul piacere e sulla libertà, sullo star bene.
Uno dei progetti che stanno segnando la direzione è:
THE VULVA GALLERY
Un progetto di una illustratrice olandese, che nasce con l’intento di normalizzare i corpi, in particolare le vulve, dopo aver ascoltato centinaia di storie di donne che avevano sofferto a causa di un rapporto difficile con l’aspetto della propria vulva, o che neanche erano mai riuscite a guardarsela senza disgusto, magari pensando che esistesse un solo tipo GIUSTO di vulva e che tutto il resto fosse da nascondere
Disegna vulve con ogni caratteristica, e racconta le storie che le partecipanti condividono, con il risultato di un grande racconto corale, molto realistico, di rapporto tra donne e genitali, che rompe molti tabù in modo non moralista, ed estremamente efficace.
Talmente efficace
che è stato ripreso nella serie tv SEX EDUCATION di netflix, contenuto fruito da milioni di giovani, anche questo è uno strumento per leggere e capire il cambiamento che sta avvenendo nel mondo dei giovani.
I cartelloni pubblicitari di questa serie, quando sono comparsi a Milano, sono stati oggetto di polemiche, poiché visibili anche ai bambini.
E qui torniamo alla difficoltà degli adulti di stare nella relazione col bambino quando il bambino chiede informazioni sugli organi genitali. Parlare di vulva o di pene è automaticamente un discorso “scabroso”, non riusciamo a vederlo in modo “scientifico”
C’è poi il libro COME AS YOU ARE, di Emily Nagoski, che ha avuto molto successo tra chi si occupa di sessualità femminile e anche tra le stesse ragazze che l’hanno letto, comprato, consigliato alle amiche ecc
alcuni dei messaggi chiave:
- quando ti sei sentita sbagliata NON E’ perchè lo eri veramente, ma perchè avevi interiorizzato convinzioni sbagliate (es. orgasmo vaginale come normale, clitorideo come “non normale”)
- il disgusto verso il proprio corpo è una reazione appresa, non innata, e come tale può essere DISIMPARATA, con la conoscenza, se questo disgusto interferisce con la possibilità di vivere bene. La cosa fondamentale per l’autrice è che ogni persona si prenda il tempo per riconoscere quali delle credenze/attitudini verso il proprio corpo e il sesso sono realmente scelte da noi e quanto sono invece scelte PER noi da chi ci ha educato, (famiglia, cultura, società, pubblicità ecc) e avere la consapevolezza per riconoscerle e dire SI o NO a ciascuna, con l’obbiettivo di appropriarsi della propria sessualità e non “subirla”
è sicuramente un ambito in cui c’è grande fermento, il concetto chiave è spostare il focus dall’imbarazzo alla conoscenza.
Quindi in conclusione, se devo dire dal mio punto di vista cosa sta cambiando nelle giovani generazioni, riassumerei il discorso in questi quattro punti:
- IL CORPO é NORMALE: è sempre più forte il desiderio di normalizzare il fatto di parlare del corpo, dei genitali in particolare, senza che siano un tabù, saper parlare di anatomia e funzione, conoscerli, saperli osservare, sapersene occupare, saperne parlare, in modo competente.
- IL PIACERE é LECITO superare lo stigma del piacere (quello che rende un po’ “scabroso” tutto ciò che è il parlare di sesso, come se sotto sotto comunque ci fosse qualcosa che merita giudizio negativo)
- PIACERMI NON é VANITà superare lo stigma, il giudizio implicito, legato al desiderio di occuparsi del proprio corpo per conviverci meglio.
- PRIMA DI ESSERE CURATO VOGLIO ESSERE ASCOLTATO mettersi in ASCOLTO di ciò che accade là fuori, nel mondo da cui provengono i nostri pazienti, per saperne interpretare le richieste, comprendere il loro background, la loro “grammatica” ed essere quindi interlocutori efficaci nel rispondere a un problema
Superare il concetto di “pudenda”, abbandonare l’idea che i genitali siano il luogo della vergogna arrivando a considerarli una parte di sè grazie a cui stare bene.
Dott.ssa Elisa Sipio
“Mi sono specializzata in Ginecologia e Ostetricia presso la clinica Mangiagalli di Milano. Durante gli anni della specializzazione ho approfondito lo studio delle patologie del basso tratto genitale. Frequentando l’ambulatorio di patologia vulvare ho avuto l’opportunità di studiare il Lichen Sclerosus dal punto di vista della clinica e alla ricerca scientifica.
Dopo essermi specializzata ho frequentato la scuola di Consulenza Sessuale AISPA. Da allora continuo ad occuparmi di patologie vulvari, con particolare attenzione alle ripercussioni che queste possono avere sul benessere sessuale della persona.
Da circa due anni ho iniziato un’attività di divulgazione scientifica sui social network, parlando di sessualità e patologie del basso tratto genitale.”