LA GINECOLOGA – Dottoressa Anna Angela Criscuolo
La sua esperienza sul Lichen. «Sono una ginecologa e poi per mia scelta sono diventata sessuologa clinica. A Tor Vergata gestisco un centro, divenuto oggi punto di riferimento per il Lichen. Le donne che arrivano sono provate, hanno già fatto un pellegrinaggio, di solito in tutta Italia. Il loro diventa un viaggio della speranza, spesso economicamente e territorialmente impegnativo. Motivo per il quale la diagnosi arriva dopo quattro o cinque anni dai primi sintomi. Molte di loro hanno fatto ricerche su Internet e si sono fatte una autodiagnosi. Sono persone fragili, il più delle volte appena si siedono iniziano a piangere. Il loro è un pianto liberatorio, di sfogo, tipico di chi non riesce ad avere una diagnosi e una cura. In questo è importante saper essere accoglienti e saper ascoltare. Occorre inoltre saper gestire la visita medica, far sì che la paziente si senta rilassata, capita, non violata. Il tono di voce, i gesti della visita diventano estremamente importanti perché legati a una sfera, quella intima, fondamentale. Il Lichen influisce sulla vita delle donne, sui rapporti sessuali, sulla gestione quotidiana, su possibili gravidanze, sul lavoro. Non è solo un problema organico, ma opera su diverse sfere personali. Ecco perché è necessario arrivare alla diagnosi in breve tempo».
L’importanza della prevenzione. «Le donne sono portate a farsi visitare dal ginecologo fin da giovani. La visita, però, è solo uno degli step preventivi. Occorre educare le persone, soprattutto le nuove generazioni, a una corretta igiene intima, la cosiddetta skincare, all’assunzione di integratori utili per la cute e le mucose, e a una corretta alimentazione. E poi è importante sensibilizzare il partner, tant’è che io preferisco sempre gestire la coppia, perché se spiego al partner il problema riesce a capire la situazione, ad avere pazienza e gli strumenti giusti per dare supporto».
Il supporto psicologico. «È fondamentale poiché il Lichen incide sulla persona e sulla dinamica di coppia. Una persona si sente diversa, meno amata, tante volte una “donna a metà”. Ci sono cambiamenti fisici, umorali, di percezione. Ecco perché il supporto psicologico è importante, sia esso individuale che di gruppo. È necessario che la donna capisca che il suo non è un problema singolo, ma che riguarda altre donne. Nella malattia non si è sole».